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Da qualche settimana siamo entrati nella fase finale di questa pandemia, tuttavia la prevenzione COVID-19 è un tema ancora molto importante. Infatti, le nuove disposizioni del governo entrate in vigore da maggio parlano ancora di misure restrittive, mascherine, guanti e tutti quei metodi che finora sono stati i capisaldi della lotta contro il contagio.
A livello di prevenzione COVID-19, c’è ancora da fare tanto e non bisogna abbassare la guardia, come ci hanno raccontato gli esperti in questo precedente articolo.
Qui, invece, faremo il punto sui metodi e i consigli più interessanti per fare prevenzione COVID-19 in modo sostenibile. Ponendo l’accento su tutto quello che possiamo fare per rendere più green la lotta contro il coronavirus.
Abbiamo già parlato del rapporto tra Covid-19 e ambiente a livello generale, qui vedremo qualche consiglio pratico, dettato anche dai report che istituzioni e osservatori sull’ambiente hanno redatto in questi anni di pandemia.
In particolare, nel report di SNP Ambiente (Sistema Nazionale Protezione Ambiente) troviamo diversi spunti e riflessioni che fotografano la situazione degli ultimi anni e tracciano la via sulle misure da intraprendere a breve.
In generale, possiamo dire che:
Questi ed altri aspetti sono, tuttavia, strettamente collegati a piccoli e grandi gesti che, quotidianamente, ognuno di noi compie, alcuni dei quali per prevenire il COVID-19.
Se riflettiamo su alcune semplici azioni quotidiane, possiamo vedere come queste possono migliorarci la vita a breve e a lungo termine.
Quando parliamo di ambiente, dobbiamo sempre tenere a mente che la somma delle azioni e dei comportamenti della comunità influisce sul pianeta.
Ecco perché, prendendo spunto da molti atteggiamenti adottati durante il lockdown, possiamo imparare come fare prevenzione COVID-19 rispettando l’ambiente.
Nelle prossime righe 5 utili metodi da adottare:
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Prima del lockdown, lo studio “Added Value of Flexible Working” realizzato da Development Economics, calcolava che a livello mondiale il lavoro agile è in grado di ridurre i livelli di anidride carbonica di 214 milioni di tonnellate l’anno entro il 2030, pari alla stessa quantità di CO2 che verrebbe sottratta dall’atmosfera da 5,5 miliardi di alberi.
Questi dati erano molto interessanti, ma non potevano prevedere una pandemia. Durante il lockdown, infatti, molte aziende hanno permesso di adottare il lavoro agile ai propri dipendenti.
Oltre a delle positive ripercussioni sociali, questo ha permesso di ridurre drasticamente i livelli di anidride carbonica nell’aria.
In molti casi, infatti, ridurre o eliminare il tragitto casa-lavoro ha avuto degli effetti benefici su persone e ambiente. Nell’immagine sopra, vediamo come il 24% degli intervistati (un campione di 3907 dipendenti degli uffici regionali ambientali), nel tragitto casa-lavoro (andata e ritorno) compia circa 6 km, 3 km a tratta quindi.
Una distanza non proibitiva per essere fatta con i mezzi o in bici o, perché no, anche a piedi. Il concetto, insomma, è quello che molte aziende, le quali hanno già sperimentato lo smart working ed hanno a cuore la sostenibilità ambientale, adottano e adotteranno il lavoro agile. Le previsioni economiche parlano chiaro.
Bisogna approfittarne anche in ottica prevenzione COVID-19. Ridurre il lavoro in azienda ed aumentare quello da casa, è una delle prime misure adottare in questi anni di crisi.
L’obiettivo è quello di renderlo sistematico: riducendo l’andare in ufficio solo in alcuni giorni della settimana o del mese. Evitare situazioni di contatto o assembramenti ed inquinare meno sono due ottimi motivi per valutare di usufruire del lavoro agile.
L’esteso uso di dispositivi di protezione individuale (DPI) ha prodotto, in questi ultimi due anni, una nuova emergenza ambientale. Sono tante, purtroppo, le mascherine che vengono smaltite male o che, addirittura, vengono gettate a terra.
L’Istituto Superiore della Sanità, già a suo tempo, ha prodotto vari documenti per l’uso e lo smaltimento dei DPI. Ecco qui il documento, da cui traiamo le indicazioni principali.
La gravità del mancato smaltimento delle mascherine è massima. La maggior parte delle mascherine chirurgiche sono prodotte in materiale TNT (tessuto non tessuto di polipropilene o poliestere). Questo materiale non è biodegradabile, né riciclabile. Un prezzo che la prevenzione COVID-19 non può pagare.
Questa tipologia di rifiuti causa, pertanto, un danno enorme all’ambiente, soprattutto se vengono smaltite senza criterio. Le mascherine e i guanti in lattice vanno gettati nell’indifferenziata, lo stesso vale per le mascherine della famiglia FFP (1,2,3).
Il discorso, ovviamente, va preso in linea generale. Cambia, invece, se parliamo di DPI che sono stati utilizzati da persone infette da COVID-19 o altre malattie infettive.
In questo caso, infatti, se si è in casa da infetti o con una persona che lo è, bisogna accumulare tutti i rifiuti in un unico sacchetto per i rifiuti secchi (indifferenziata). Questo vale non solo per guanti o mascherine, ma anche per fazzoletti utilizzati dalla persona contagiata.
Inoltre, bisogna:
Inoltre, è stato specificato nel documento che bisogna derogare i criteri di raccolta differenziata in caso di sacchetti contenenti materiale utilizzato da infetti.
Per quanto riguarda luoghi diversi dall’abitazione o dall’ospedale, le mascherine e i guanti monouso vanno gettati in appositi contenitori. Abbiamo già trattato qui dell’importanza della prevenzione COVID-19 sul posto di lavoro, il corretto smaltimento di materiale potenzialmente infetto rientra nel dovere dei datori di lavoro e delle aziende.
In aree lavorative, infatti, i DPI devono essere smaltiti:
Per quanto riguarda la frequenza del cambio sacco dipende dal numero di dipendenti dell’azienda (maggiore sarà il numero, maggiore sarà la frequenza del cambio).
Nell’ottica di evitare gli sprechi ed inquinare meno, vanno prese in considerazione le numerose alternative che ci sono circa le misure di prevenzione COVID-19. Senza voler troppo estremizzare, si possono evitare grandi sprechi e occasioni per inquinare, compiendo alcune piccole azioni giornaliere:
A questo proposito, sono nate diverse startup che producono mascherine e altri dispositivi di prevenzione dal COVID-19 riutilizzabili. Eccone alcune:
I detergenti e i disinfettanti rappresentano una tra le fonti principali d’inquinamento per le acque dei fiumi e dei laghi, e di conseguenza dei nostri mari.
Nel marasma generale delle prime settimane di pandemia, c’è stata una furiosa corsa agli igienizzanti gel o spray. Il fenomeno, col tempo, è andato ad attenuarsi ma, tuttora, lavare le mani è un’ottima forma di prevenzione dal COVID-19.
Come abbiamo già detto, non sempre disinfettanti ed igienizzanti mani sono indicati per sanificare a dovere, anche perché abusarne non è mai una buona idea per diversi motivi:
Pertanto, se vogliamo incidere meno su ambiente ed ecosistemi, dovremmo ridurre l’uso di gel igienizzanti e pensare a soluzioni alternative o complementari. Eccone alcune:
Strettamente collegato ai temi della prevenzione COVID-19, c’è quello dell’uso promiscuo di bottiglie, bicchieri e stoviglie non solo in ambito domestico ma anche sportivo.
Per evitare contagi è bene non condividere o non rischiare di scambiarsi recipienti e stoviglie tra soggetti diversi, cosa che accade in diversi contesti.
Adottando l’utilizzo di borracce, bottiglie e bicchieri in bioplastica o in bambù, questa abitudine può essere abbandonata, così come l’uso di recipienti di plastica può essere facilmente ridotto.
Molte aziende stanno già abbandonando cannucce e bicchieri di plastica per la somministrazione di bevande, questo significa che è possibile farlo a tutti i livelli. Ci sono già politiche che permettono alle aziende di guadagnare dal riciclaggio di plastica, di ridurre la presenza di microplastica in recipienti e imballaggi, di stimolare un cambiamento di abitudini nella gente.
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Sin dai tempi antichi, la prevenzione è sempre stata fondamentale. Da decenni, però, si tende a porre rimedio e a medicalizzare tutto, probabilmente perché anche la salute è stata commercializzata.
Un approccio che, invece, mette la salute al centro è quello che punta a vivere in un ambiente sano, aiuta a restare sani. In questo momento, invece, rischiamo di vivere contro natura, eliminando a tutti i costi agenti patogeni che fanno parte di ecosistemi infinitesimamente piccoli.
Potremmo così rendere il sistema immunitario sempre meno allenato a contrastare virus e batteri, perché la prevenzione reale non è quella che vuole un mondo asettico ed innaturale, ma è quella che si fa in modo naturale: virus e batteri esistono e vengono eliminati dal nostro organismo. Allontanarci troppo dalla natura o modificare i suoi equilibri, invece, ci porterà a continue catastrofi mondiali, come quella che abbiamo appena vissuto.
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